Teatro Nō: breve storia del teatro giapponese

Teatro Nō: breve storia del teatro giapponese

Teatro Nō: breve storia del teatro giapponese 2560 1600 Damiano Fina

Il teatro Nō è un’arte performativa giapponese che nasce tradizionalmente nel 1375, quando Kiyotsugu Kan’ami, attore di una compagnia di sarugaku, esegue uno spettacolo Nō per lo shōgun Ashikaga Yoshimitsu presso il tempio Imagumano di Kyoto. Le radici del Nō, quindi, si possono rintracciare nel sarugaku, ovvero in riti e danze che venivano svolti presso i luoghi di culto da compagnie di artisti.

La poetica del teatro Nō secondo Zeami

Nel XIV secolo, succedendo al padre Kan’ami, Motokiyo Zeami, grazie anche ai suoi trattati, diede forma e struttura al teatro Nō. Le sue opere teoriche, come il Fūshi Kaden e il Kakyo, contengono preziosi insegnamenti su vari aspetti del teatro Nō, tra cui la gestualità, la voce, la recitazione, il costume e la scenografia. Zeami ha sviluppato concetti come il yūgen (profondo, recondito, insondabile), che si riferisce a una bellezza misteriosa e profonda della performance, e la poetica del fiore.

Zeami ha sottolineato l’importanza della formazione disciplinata degli attori, della comprensione profonda dei testi e della capacità di trasmettere emozioni in modo sottile ed evocativo. L’eredità di Zeami è viva ancora oggi, con il Nō che continua ad essere eseguito e studiato come una forma d’arte preziosa e raffinata, grazie anche ai suoi contributi fondamentali.

Il fiore (hana), tramite il proprio fascino precario, provoca l’emozione dello spettatore durante una performance di teatro Nō. Ciascun fiore sboccia e testimonia la propria bellezza nel mondo per pochi giorni, seguendo le stagioni. Nonostante la propria fuggevolezza e precarietà, stagione dopo stagione, il fiore ritorna simile e diverso da sé ma, proprio per questo, sempre in grado di destare interesse e fascinazione ai nostri occhi.

La meraviglia del fiore è custodita, per Zeami, nel suo saper essere sempre insolito, nuovo e incantevole: “Per i diecimila alberi e le mille erbe, benché i colori dei fiori siano tutti diversi tra loro, il principio che fa sì che gli umani trovino in essi interesse è sempre il fiore”.

La via del fiore è fondamentale anche nella danza butō e, in particolare, era molto cara a Kazuo Ohno.

L’epoca d’oro del Nō dall’epoca Muromachi a oggi

Tra il XIV e il XVI secolo, il periodo Muromachi vide la crescita del teatro Nō in termini di popolarità e sviluppo artistico. Il governo shogunale sostenne e promosse attivamente il Nō, portando alla costruzione di teatri specializzati, come il Kanze Kaikan a Kyoto. Le maschere, i costumi elaborati e le danze stilizzate divennero elementi distintivi del teatro giapponese. Il Nō divenne anche parte integrante delle cerimonie religiose e dei rituali, sottolineando la sua connessione con la spiritualità e la tradizione. Le rappresentazioni solenni si svolgevano all’aperto, durante l’intero arco della giornata, accompagnando i cambiamenti della luce nel cielo, fino a sera.

Durante il periodo Edo, il teatro Nō venne affiancato da forme più popolari di intrattenimento come il teatro Kabuki. Tuttavia, nel XIX secolo, si è assistito a una rinascita del Nō grazie agli sforzi di riformatori come Umewaka Manzaburō. Questo periodo ha visto un ritorno all’approccio tradizionale del Nō e un rinnovato interesse per le sue radici spirituali.

Oggi, il Teatro Nō è considerato in Giappone un tesoro culturale e artistico, con maestri del Nō che insegnano la tradizione a nuove generazioni di artisti. Il repertorio comprende una vasta gamma di drammi, ognuno con la sua storia e il suo significato. Il Nō è stato dichiarato Patrimonio Culturale Intangibile dell’Umanità dall’UNESCO, sottolineando la sua importanza a livello globale.

Le maschere nel teatro Nō: espressioni vive

Il teatro giapponese è celebre anche per le straordinarie maschere Nō che, scolpite con precisione e intrise di simbolismo, giocano un ruolo cruciale nel trasmettere emozioni, caratteri e temi delle rappresentazioni.

Conosciute come Nō-men in giapponese, le maschere risalgono al XIV secolo. Inizialmente rudimentali, con il passare del tempo le tecniche di scultura e decorazione divennero sempre più sofisticate, portando alla creazione di opere d’arte straordinarie, che sembrano viventi.

L’arte della scultura delle maschere Nō

La scultura delle maschere Nō è un’arte altamente specializzata, che richiede competenze e maestria. I maestri artigiani sono chiamati Nō-men-shi. Il loro compito è dare vita a espressioni che trasmettano emozioni sottili ma potenti. Le maschere rappresentano uomini, donne, fantasmi, divinità, demoni e ciascuna espressione è accuratamente calibrata per adattarsi al personaggio rappresentato.

Ogni maschera nel Teatro Nō è intrisa di simbolismo. Gli artigiani incorporano dettagli sottili per comunicare stati d’animo, personalità e storie. Ad esempio, la direzione degli occhi, la curvatura delle labbra e persino la tonalità del colore della maschera possono trasmettere informazioni cruciali sul personaggio. Il minimalismo è una caratteristica distintiva degli artisti che cercano di catturare l’essenza del personaggio con pochi tratti.

Io ho avuto la fortuna di incontrare una maestra di maschere Nō a Kyoto, Udaka Keiko, che ha realizzato la maschera Masukami che indosso durante la mia performance Ianvs. Guarda il video della sua intervista.

La storia delle quattro famiglie principali del teatro giapponese

Quattro famiglie di teatro sono particolarmente significative per la storia e lo sviluppo del teatro Nō in Giappone. Si tratta delle famiglie: Kanze, Hosho, Kita e Kongō.

La fondazione della scuola Kanze è attribuita a Kiyotsugu Kan’ami e suo figlio Motokiyo Zeami, figure chiave nello sviluppo e nella diffusione del Nō. La scuola Kanze è una delle più influenti nella cultura Nō e la famiglia ha mantenuto la sua eredità attraverso le generazioni.

La famiglia Hosho è associata al teatro teatro tradizionale giapponese chiamata Kyogen, una forma di commedia che è spesso eseguita insieme al Nō. Fondata da Hosho Kuroemon, si è dedicata a una forma di teatro che offre un contrasto comico e leggero rispetto alla natura più seriosa del Nō.

La famiglia Kita è legata al teatro Kabuki, una forma di teatro popolare giapponese nota per le sue elaborazioni sceniche, trucco vistoso e recitazione enfatica. Fondata nel XVII secolo da Ichikawa Danjuro I, la famiglia Kita ha attraversato molte generazioni di attori, ognuna delle quali ha lasciato un’impronta unica sulla storia del Kabuki.

La famiglia Kongō è legata al teatro tradizionale giapponese Bunraku o teatro delle marionette. Fondata nel XVII secolo da Bunrakuken Uemura, la famiglia Kongō ha contribuito allo sviluppo e alla popolarità di questa forma d’arte unica.

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Damiano Fina

Performer, philosopher and lecturer, Damiano Fina promotes the exercise of contemplation to explore the eternal through philosophical thought and the art of dance.

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